martedì 1 novembre 2011

Tutti contro tutti.



di Mario Polidori

C'è troppa gente che pensa che la rivoluzione si faccia con qualcuno che gli copre le spalle. Sbagliato, sbagliatissimo, in situazioni come quelle chiunque ti sta dietro è un pericolo.
La rivoluzione si fa da soli, ognuno fa la sua e se altri la condividono bene altrimenti continuerà da solo. E' sempre stato così, per tutte le rivoluzioni, la differenza che ha fatto di qualcuna un evento storico è stata nell'aver condiviso nello stesso momento lo stesso malcontento. Noi no. Noi non abbiamo lo stesso malcontento neanche quando il malcontento è lo stesso. Il ricamo dei nostri governanti è stato quello di metterci tutti contro tutti, anche quando diciamo o vogliamo la stessa cosa, del resto soltanto così potevano garantirsi l'impunità. E ci sono perfettamente riusciti. Non faccio mai analisi sulle loro qualità, è inutile, la porta non soltanto è aperta, ma non ci sono più neanche gli stipiti, la faccio sempre su di me, su di noi, perché le ragioni del nostro sfacelo le trovi solo lì. Tutti contro tutti, senza famiglia, nel paese dei balocchi, non ce la possiamo fare. Iniziamo piuttosto dalla nostra rivoluzione personale, facciamo la guerra a noi stessi, se dovessimo vincerla ci troveremo di colpo in tanti e non correremo più il pericolo di ricaderci. Basta con le bandiere, ognuno difenda il proprio senza paura, così da essere d'esempio, da sfuggire a qualsiasi tornaconto di bassa lega, da non essere più tacciati di qualunquismo, da riprendere la credibilità. Quanto è difficile? Moltissimo, tanto, talmente tanto da essere nelle condizioni ormai di non poter più mettere fine a niente. Chi può smentire l'opinione comune che "quello è uno che si sa guardare i cazzi suoi" sia attribuire una qualità piuttosto che un difetto? Ed aggiungerei gravissimo? Ecco perché non facciamo la rivoluzione, perché ci manca il coraggio di essere delle persone perbene. Abbiamo tutti gli stessi problemi, quello che oggi tocca me non tocca te e domani viceversa, facciamo confusione e ci perdiamo di vista, poi diventiamo paranoici, finché non diventiamo nemici. Basta. Davvero, basta. Domani voglio svegliarmi e non prendermela più con il vicino, perché per quanto facciamo finta di essere diversi, la barca è la stessa, e per quanto crediamo di avere ruoli diversi, siamo tutti a ramazzare il ponte. Anche questa, l'aberrazione dello status, ce l'hanno instillata, anzi installata, non c'è niente di ciò che facciamo che non sia riconducibile a quanto ci hanno fatto fessi. Domani voglio svegliarmi ed aprire gli occhi, voglio accorgermi che i nemici hanno lavorato durante la notte e che sono convinti che siamo fin troppo facili da sbaragliare, ma che all'alba hanno trovato le città vuote e nessun popolo da assoggettare. Non cediamo più a lusinghe, compromessi e promesse, accontentiamoci di ciò che può essere nostro senza farci ingolosire dagli eccessi, non facciamo più a gara a chi ce l'ha più lungo, mettiamo al bando cioè tutte quelle cose che ci impediscono di cambiare, di progredire e con le quali è inutile far finta di essere stufi o indignati o incazzati, altrimenti saremmo i primi a volere la moglie ubriaca e la botte piena, non saremmo credibili e, soprattutto, in nulla diversi dai cani che ci governano. Solo così, per me, esiste la rivoluzione, il resto sono soltanto chiacchiere, il modo profondamente italiano di rosicare.

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