di Mario Polidori
L'uomo non è una macchina, la sua natura non gli permette di esserlo, la sua capacità di aggiornarsi non è quella di una macchina, di un semplice upgrade.
Sono troppe le cose con cui deve fare i conti nel corso di una vita e più passa il tempo più diventa difficile per lui stare al passo, arriva anche il momento del rifiuto filosofico, se non addirittura ideologico. Decide di non cambiare più, di smettere di aggiornarsi per tutte quelle cose che non rientrano nei suoi immediati interessi, fa della sua cultura un punto di riferimento, una testimonianza del tempo che ha vissuto, piuttosto che di quello che ancora avrà da vivere. Quello che gli viene richiesto adesso non ha qualità, non ha niente a che fare con quello che pensava di essere, le stesse macchine di cui parlavamo lo stanno costringendo a comportarsi come loro, ogni settimana dovrebbe risettarsi, per giocare la partita che il progresso gli impone. Ecco, è proprio questo il motivo per cui quello che abbiamo scelto come progresso non è sostenibile. Quando è cominciato l'uomo doveva cancellare e ricaricare forse ogni anno, poi ogni mese, adesso ogni settimana, domani non basterà ogni ora. Il progresso è esponenziale, dalla ruota alla prima automobile c'è voluto qualche migliaio di anni, dalla prima automobile allo Shuttle poco più di settant'anni. Gli unici protagonisti sono gli ultimi arrivati, loro innovano, ma dopo qualche anno sono anch'essi fuori dai giochi, ognuno di noi ha un suo momento poi esce di scena. Il potenziale dovrebbe diventare potenza, ma l'uomo ragiona per identità il più delle volte, per analogia, A è uguale ad A, ha bisogno di tempo per far maturare le sue capacità, la potenza in senso di crescita esponenziale lo esclude dal gioco. Ogni uomo successivo è potenza del precedente, ma ogni uomo precedente esaurisce in un solo momento la sua esistenza. E tutto questo è destinato, appunto, ad accelerare. Cosa succederà tra non molto? Prendiamoci il tempo, il nostro, quello scandito dalle macchine non è il nostro orologio biologico, prendiamoci il tempo di riflettere e di considerarne i vantaggi, tutto quello che ci fa credere il contrario sarà inevitabilmente il nostro peggior nemico. Scendiamo dall'orario continuato, dal saltare i pasti, dal correre più degli altri, dal pensare che abbiamo da perdere se lo facciamo, siamo stati portati a farlo e non abbiamo raggiunto nessun risultato accettabile e l'orario continuato oltre le ventiquattrore non può andare. Ci sono molte cose per cui forse vale la pena di vivere in questo mondo, ma non sono certo quelle che ci hanno regalato e che sfoggiamo come una medaglia, come se fosse un merito, alla quale in ogni caso ci arrivano in pochi, sempre di meno. Conosco persone di talento che stanno morendo proprio perché la loro natura non si incastra con la "sindrome della macchina" di cui molti sono affetti. I primi moriranno uccisi dai secondi, i secondi dalla loro stessa malattia.
Sono troppe le cose con cui deve fare i conti nel corso di una vita e più passa il tempo più diventa difficile per lui stare al passo, arriva anche il momento del rifiuto filosofico, se non addirittura ideologico. Decide di non cambiare più, di smettere di aggiornarsi per tutte quelle cose che non rientrano nei suoi immediati interessi, fa della sua cultura un punto di riferimento, una testimonianza del tempo che ha vissuto, piuttosto che di quello che ancora avrà da vivere. Quello che gli viene richiesto adesso non ha qualità, non ha niente a che fare con quello che pensava di essere, le stesse macchine di cui parlavamo lo stanno costringendo a comportarsi come loro, ogni settimana dovrebbe risettarsi, per giocare la partita che il progresso gli impone. Ecco, è proprio questo il motivo per cui quello che abbiamo scelto come progresso non è sostenibile. Quando è cominciato l'uomo doveva cancellare e ricaricare forse ogni anno, poi ogni mese, adesso ogni settimana, domani non basterà ogni ora. Il progresso è esponenziale, dalla ruota alla prima automobile c'è voluto qualche migliaio di anni, dalla prima automobile allo Shuttle poco più di settant'anni. Gli unici protagonisti sono gli ultimi arrivati, loro innovano, ma dopo qualche anno sono anch'essi fuori dai giochi, ognuno di noi ha un suo momento poi esce di scena. Il potenziale dovrebbe diventare potenza, ma l'uomo ragiona per identità il più delle volte, per analogia, A è uguale ad A, ha bisogno di tempo per far maturare le sue capacità, la potenza in senso di crescita esponenziale lo esclude dal gioco. Ogni uomo successivo è potenza del precedente, ma ogni uomo precedente esaurisce in un solo momento la sua esistenza. E tutto questo è destinato, appunto, ad accelerare. Cosa succederà tra non molto? Prendiamoci il tempo, il nostro, quello scandito dalle macchine non è il nostro orologio biologico, prendiamoci il tempo di riflettere e di considerarne i vantaggi, tutto quello che ci fa credere il contrario sarà inevitabilmente il nostro peggior nemico. Scendiamo dall'orario continuato, dal saltare i pasti, dal correre più degli altri, dal pensare che abbiamo da perdere se lo facciamo, siamo stati portati a farlo e non abbiamo raggiunto nessun risultato accettabile e l'orario continuato oltre le ventiquattrore non può andare. Ci sono molte cose per cui forse vale la pena di vivere in questo mondo, ma non sono certo quelle che ci hanno regalato e che sfoggiamo come una medaglia, come se fosse un merito, alla quale in ogni caso ci arrivano in pochi, sempre di meno. Conosco persone di talento che stanno morendo proprio perché la loro natura non si incastra con la "sindrome della macchina" di cui molti sono affetti. I primi moriranno uccisi dai secondi, i secondi dalla loro stessa malattia.
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